Mag 262011
 

…ma dell’albero della conoscenza
del bene e del male non devi mangiare,
perché, quando tu ne mangiassi,
certamente moriresti.

Genesi 2,17 (citazione all’inizio del libro “Twilight”)



Dice che è proibito, che è proibito anche volare
io vi lascio il giorno ma la notte è tutta mia
(…) Eh, mi piace godere
a volte pensare che la loro è gelosia o tirannia.

Litfiba, Proibito



Quando mi sono letto Twilight (edizioni Lain Fazi, 2006), il primo libro della scrittrice Stephanie Meyer, campione di incassi e capostipite di una saga appena conclusa, mi trovavo sotto la zanzariera, in Brasile. Non posso dire che questa lettura sia stata proprio un’esperienza totalizzante: le ragazze entusiaste che mi avevano detto “leggilo!” forse non avevano idea di quel che potesse significare per un maschio sopportare Twilight!
La ragione è semplice: se sommiamo tutte le righe dedicate alla descrizione degli occhi di Edward, o alle palpitazioni del cuore di Isabella Swan, arriviamo a decine e decine di pagine. Per noi maschietti – e credo di parlare grossomodo per tutto l’occidente – la cosa è praticamente insostenibile.
Però nella mia esperienza, nessun libro di catechismo è riuscito a dire in modo così chiaro da dove nasce l’agire morale.
Perché “non si può”? Perchè ti è proibito qualcosa?
Da Eva a Piero Pelù, la risposta più convincente per un giovane è sempre la stessa: “per gelosia, o tirannia”. E cioè, perché c’è qualcuno che ti vuole tarpare le ali ed è geloso della tua libertà. Qualcuno – forse un adulto, forse il sistema, forse Dio stesso – ti “dice che è proibito” semplicemente perchè è tiranno e vuole avere potere su di te tenendo in scacco la tua vita. Con l’uso della proibizione, il potere ti impedirà di assurgere allo status di adulto ma allo stesso tempo, per gelosia, si preoccuperà pure di negarti la prerogativa della giovinezza che è il piacere:

Ma il serpente disse alla donna: «Non morirete affatto!
Anzi, Dio sa che quando voi ne mangiaste,
si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio…

Genesi 3,4-5

E’ il vampiro Edward Cullen a smentire questa tesi: se lui sceglie di non mordere Isabella è semplicemente “per amore”.
Tutta la saga infatti, sostanzialmente, ruota intorno a questo punto: in mille occasioni Isabella viene riproposta come il frutto proibito, la possibilità, il piatto gustoso da sbranare, e mille volte Edward dice “no” perché la ama.
Il fascino della coppia Edward/Bella che ha stregato milioni di ragazze in tutto il mondo (17 milioni di copie vendute) è tutto qui: in questi preeliminari infiniti che non fanno che ribadire che i due non si sbranano perché si amano veramente!
Da questo punto di vista, l’espediente decisivo è la condizione di vampiro di Edward, attraverso la quale la posta in gioco si alza per mostrare esplicitamente che i casi sono due: o si ama, o si finisce per divorare l’oggetto del desiderio. E’ compito nostro uscire di metafora, e riconoscere che per noi vale la stessa cosa, anche senza essere vampiri.
Non c’è niente che non sia esteticamente bello in Twilight: Isabella è bellissima, i vampiri sono tutti bellissimi, persino i lupi mannari sono bellissimi sia da lupi che nelle loro sembianze umane. In questa sfilata di moda trova posto anche l’agire morale e credo sia proprio in questo modo, e cioè attraverso i sentimenti e l’estetica che oggi possa tornare ad essere comprensibile: se il “fascino del proibito” era cresciuto a dismisura in epoche storiche in cui si proibiva tutto senza spiegare nulla, oggi che tutto è permesso, è finalmente possibile spiegare di nuovo a un giovane che l’agire morale torna dal suo esilio per ripresentarsi in tutta la sua bellezza.
Dunque sì, qualcosa ti è proibito, ma solo per amore!

  One Response to “Twilight: proibito per amore”

  1. Ci ho pensato e dico che, superando la fase adolescenziale del rifiuto delle regole, della lotta contro il sistema, penso che proibire sia anche un metodo educativo. Sono d’accordo sul pensare che proibire lo si fa per amore non per punire.
    Ho riflettuto sulla persona che riceve la proibizione…la prima cosa che mi viene in mente è che la proibizione funziona nella misura in cui c’è un rapporto di fiducia tra le parti, altrimenti scatta il rifiuto. Penso che la sfida sia tutta nell’autorevolezza che si ha nell’imporre la norma, cioè nel rapporto reciproco tra l’educatore e l’educando, la sfida sta nel comunicare la proibizione come un atto di amore e non come una norma aliena che arriva dall’alto.

    Mi pare di fondamentale importanza la comunicazione ma ancor di più il rapporto che c’è tra queste due persone.
    Nel libro di Twilight, Edward (…penso), non morde Isabella Swann perchè c’è di mezzo una gran bella e calda relazione sentimentale!

    E’ necessario amore tra chi impartisce le regole e chi ne fa uso. Lì dove le regole vacillano è perchè non c’è fiducia tra questi due personaggi. Fioccano gli esempi nel sud Italia dove manca la presenza dello stato (infrastrutture, servizi, …), manca la fiducia nelle istituzioni e le mafie trovano terreno fertile tra le persone.

    Vengo a me… se penso al mio rapporto che ho con le “regole” diciamo che l’occasione fa l’uomo ladro e che quindi: “Mazz e panell fanno u figghiu bell, panell sen’z mazz fanno u figghiu pazz” (mazzate e pane fanno il figlio bello, pane senza mazzate fanno il figlio pazzo), tuttavia, tutte le volte che ho rispettato una regola e mi son sentito edificato per averla rispettata è perchè mi è stata data fiducia e libertà di scelta. In questo voglio ringraziare le persone che mi hanno educato ma sopratutto amato: amici, educatori, i miei genitori.

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