Dic 232015
 

lampione-nella-nebbia

Indosso questa corona di spine
Sulla mia poltrona da impostore
Pieno di pensieri confusi
Che non riesco a riordinare
Sotto le ingiurie del tempo
I sentimenti sbiadiscono
Tu sei qualcun altro
Io sono ancora qui

Se potessi ricominciare da capo
A un milione di miglia di distanza
Terrei me stesso tale e quale
Troverei un modo

Johnny Cash – Hurt

 

In seguito, versa il quarto bicchiere di vino per il profeta Elijah e socchiudi la porta d’ingresso per permettergli di entrare.

Rito di Pesach

 

Questa sera ha suonato il campanello di casa un amico di vecchia data. Ero andato a trovarlo quando era agli arresti domiciliari per vicende sue, dopo mesi (se non anni) di galera. Ed era da quando mi sono sposato che non veniva a casa mia. Ora, non so se sia venuto perché riconoscente di quella mia inaspettata visita a casa in quel suo periodo non troppo felice, diciamo, oppure perché sotto le feste come spesso accade la percezione della solitudine si acuisce oltremodo.

Appena finito di docciare le bimbe, eccolo in casa. Con i suoi tatuaggi, la sua testa a chiazze, i suoi pochi denti, la sua corporatura e la sua rabbia nascoste ma ben presenti. Ed è il solito groviglio di rimpianti e ammissioni e mezze verità e aneddoti e strani progetti per il futuro.

Sorrido mentre scherza e fa il verso alla più piccola delle due, che si diverte come una matta, di fronte a questo strano amico di papà. E intanto mi viene ancor più da ridere perché -chi l’avrebbe mai detto? – un pregiudicato fa il mattatore in casa mia e riscuote pure ampio successo.

Con lui mi diverto ma mi sembra sempre di camminare ai confini di un territorio inesplorato, dove basta poco per mancare di rispetto e scivolare nella commiserazione e quindi nell’offesa. È un uomo. Un uomo talmente segnato dalla sua vita e dalle sue bugie, che non posso pretendere di ragionarci insieme. Lo ascolto, ci beviamo una birra e lo assecondo nell’ ininterrotto profluvio di parole che affastella.

“Ho fatto una stupidata e ho pagato dazio” mi ripete spesso e sottolinea anche la fortuna che ho ad avere una famiglia. Addirittura si commuove ad un certo punto. Ma non so più cosa pensare: anni di rabbia e stupidità autodistruttiva presentano ora il conto, ogni giorno e credo più spesso di quanto possa immaginarmi. Ci salutiamo nel buio freddo della sera: lui se ne va sulla bici verso casa di sua madre mentre io rientro per mettere a letto le piccole. Lo guardo e lo vedo lontanissimo dal mondo e dalle relazioni che vivo quotidianamente, eppure mi accorgo di sentirlo così vicino da provare per lui affetto.

Maco

 

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