Apr 052019
 

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Had to lose my way
To know which road to take
Trouble found me
All I look forward
Washed away by a wave
I’m going back to my roots
Another day, another door
Another high, another low

Imagine Dragons – Roots

Traspare dalle parole di Daniele Mencarelli la coscienza di una personale fragilità, che però non diventa mai fonte di giustificazioni. La sua è una giovinezza passata fra droghe e alcolismo.

Undici ottobre novantadue
sedici gli anni appena scoppiati
mille i cazzotti mille i baci
strappati dalle labbra di un paese
sgranato passo dopo passo,
senza mai soddisfarla veramente
questa fame infelice
questo desiderio cane di carne e vita
di voglie ubriache sempre in festa.
Non arriverà il sonno ma una perdita di sensi
un corpo sfinito che s’arrende
a qualcosa dentro di feroce.

Mencarelli – Undici Ottobre Millenovecentonovantadue

Lo scontro con la realtà lo riporta a vivere: risorge quando comincia a fare le pulizie all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, “luogo di tortura, di maledizione”. Per purificarsi dentro l’anima deve piegarsi a pulire i bagni dell’ospedale. È in questo luogo di incontro/scontro fisico con il male (spesso i bambini, malati incurabili, muoiono) che ha origine il suo ritorno alla vita, dopo anni di devastazione.

Mi ha colpito la sua affermazione che “oggi si cercano sempre le responsabilità fuori di noi: il contesto sociale, le cattiva compagnie, i professori ostili…” A creare questa tendenza è “una mentalità buonista fondata sulle attenuanti. Gli psicologi, gli assistenti sociali, i media, anche le persone comuni che incontro alle presentazioni, c’è il ritornello tipo ma forse i professori… gli amici sbagliati… L’aguzzino è sempre l’altro. Nel mio libro è chiaro che il cattivo che fa soffrire gli altri sono io. L’ipertrofia del giudizio, giudicare gli altri e assolvere noi stessi, è una cosa un po’ grillina: onestà, onestà. Mentre il mondo lo cambi cominciando da te stesso”.

Ci vuole coraggio per guardarsi dentro e guardare alle azioni commesse senza finzione, senza la patina opaca e assolutoria dell’autogiustificazione. Ci sono in lui la forza e l’integrità di chi non si considera una vittima. Nessuno scaricabarile, nessuna negazione di responsabilità per il male inflitto a se stesso e agli altri.

Come dice D. Giglioli nel suo saggio Critica della vittima: “La vittima è l’eroe del nostro tempo. Essere vittime dà prestigio, impone ascolto, promette e promuove riconoscimento, attiva un potente generatore di identità, diritto, autostima. Immunizza da ogni critica, garantisce innocenza al di là di ogni ragionevole dubbio. Nella vittima si articolano mancanza e rivendicazione, debolezza e pretesa, desiderio di avere e desiderio di essere. Non siamo ciò che facciamo, ma ciò che abbiamo subito, ciò che possiamo perdere, ciò che ci hanno tolto”. Non è stato così per Mencarelli: si è caricato sulle spalle la realtà e da quel momento ha ricominciato a vivere. Infatti “per punire il raccomandato, il primo giorno mi mandarono a pulire dei cessi terrificanti. […] Decisi di misurarmi con i miei limiti. È stato l’inizio della rinascita. La realtà è provocazione, il primo passo è cimentarsi, duellare con lei, anche se è un cesso immondo. Quando eviti il confronto e ti rintani nella tua stanza sei sempre soccombente”. Condivido in pieno queste affermazioni. La realtà è piena di provocazioni che ti chiamano a lottare per vivere. Se preferisci startene chiuso nelle tue stanze, anche virtuali, sei fregato.

Concludo citando un’altra sua intervista: “Lo spaesamento è dell’uomo di fronte all’esistenza. Facciamo finta di niente, ma per quanto ci ostiniamo a rimpiccolirla, la vita resta un’esperienza scandalosa, piena di interrogativi senza risposte, di sentimenti invisibili. […] L’individuo che pensa alla propria esistenza è consapevole a se stesso, probabilmente meno attratto da tutto ciò che è vacuo, come un certo tipo di consumi; ed è, anche, meno produttivo, perché sa che le cose fondamentali stanno altrove. L’arte, come qualsiasi attività umana, non è in grado di farci rinascere. Ci fa rinascere solo l’amore, verso gli altri e noi stessi, almeno questo mi ha detto la mia esperienza”.

Ed è proprio vero: le cose fondamentali stanno altrove. Tocca a noi lottare per conquistarle.

Maco

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