Ho finito di leggere questo libro di Pontiggia giusto due mesi fa.
“Nati due volte” è il racconto autobiografico del rapporto tra un padre e il suo figlio disabile.
Ciò che mi ha impressionato è la densità del racconto. Duecento pagine di concentrato. Lancio una sfida: vai in libreria e cercalo sullo scaffale. Prendi il volume e apri a caso. Poi leggiti tutta la pagina. Fallo tre volte: non ne troverai una senza una riga che svela un mondo.
C’è un mondo dietro uno scambio di battute, un mondo dietro uno sguardo, un mondo dietro una telefonata. Ci sono mondi nascosti dietro i momenti più semplici e quotidiani della vita. Pontiggia, i suoi, te li mette tutti lì, spalancandoteli davanti senza mai uscire dal racconto, come uno che sta semplicemente tirando le fila della sua esistenza.
Se l’intrigo di un aforisma è la sua capacità di uscire da una storia per proclamare una verità, il bello di un racconto così è la sua capacità di svelare una verità senza mai smettere di raccontarne la storia. Forse anche le pagine più insignificanti della mia vita hanno un senso. Forse posso tirare anche io le fila di ciò che apparentemente non ha un filo!
Credo sia una questione di contemplazione.
Pontiggia mi spinge a contemplare, a guadagnare profondità su quello che vivo. Mi costringe a fermarmi, altrimenti non potrà mai nascere in me un racconto. Pontiggia con questo libro mi apre lo sguardo verso il suo vissuto a cui lascio spazio dentro di me, ma di riflesso mi obbliga a prendere coscienza del mio. E’ questo il potere della letteratura, la grazia del racconto.
Voglio raccontare anche io! Ma prima devo vivere.
Ed ecco che poi magari arriva anche l’aforisma e per questa volta me lo presta Shakespeare:
“Solo le bestie, non raccontano”.
(W. Shakespeare)
Che recensione meravigliosa!!!
“Il bello di un racconto così è la sua capacità di svelare una verità senza mai smettere di raccontarne la storia”. Sei un recensore nato!
Appena riesco, segnalo questa tua recensione a quanti più riesco.
E poi… Evviva, sei tornato sul blog!
Chi scrive parte dall’immaginario per arrivare alla realtà di un testo scritto. Chi legge parte dalla realtà del testo scritto per costruirsi un proprio immaginario. E’ un lato bello della letteratura.
Ciao, ale