«Dio, devo vedere il tuo volto questa mattina, il Tuo Volto attraverso i vetri polverosi della finestra, fra il vapore e il furore; devo sentire la tua voce sopra il clangore della metropoli. Sono stanco, Dio. Non riesco a scorgere il tuo volto in questa storia»
Jack Kerouac – I diari
Il volto di un amico è l’unica cosa in grado di smuoverci dalle nostre paure. Lo ha sperimentato anche Dante, quando all’inizio del suo avventuroso viaggio ascolta le rassicurazioni di Virgilio sulle tre donne benedette che si sono spese in cielo per la sua salvezza e incomincia quindi il cammino.
Ma bastano le dure parole poste sopra le porte dell’Inferno per farlo ripiombare nella paura. Allora è solo il volto sorridente di Virgilio e il gesto di essere condotto per mano a dare a Dante la forza per intraprendere ciò che altrimenti lo lascerebbe paralizzato (E poi che la sua mano a la mia puose/ con lieto volto, ond’io mi confortai,/ mi mise dentro a le segrete cose).
È la presenza di un amico che ti indica la strada e cammina con te, sorridente a rendere viva e pulsante la promessa che sentiamo ogni giorno in noi. Ha ragione Kerouac: il volto di Dio deve essere prima di tutto ricercato (devo vedere). Dove? Nella normale quotidianità fra i vetri polverosi, il vapore, il furore. Ed è una ricerca continua che richiede sforzo (sono stanco, non riesco).
E gli amici più intimi hanno questo dono grande da offrirci: l’anticipo del Volto di Dio, ora, su questa terra. Nei loro sorrisi, nelle loro mani, nei loro occhi noi percepiamo l’eternità, la sfioriamo e a volte la tocchiamo.
Maco