Feb 122011
 

Quello che mi ha colpito, e di cui parlo in questo raggio-gamma è “un pulsante”.
Cos’è un pulsante?
Facile: potremmo definirlo un “bottone” che quando lo premi, innesca dei meccanismi che fanno succedere qualcosa. Oggi però un “bottone” lo trovi solo su camicie e cappotti! Il bottone da premere per accendere qualcosa si chiama “pulsante”.
Il pulsante è potere. Da sempre.
Potere di accendere la luce, di avviare una macchina, potere di aprire e di chiudere. E infatti “la stanza dei bottoni” è un modo di dire che indica la sede di un potere esteso che tutto vede e tutto controlla. Dalla stanza dei bottoni una stretta cerchia di capi vede tutto e preme i pulsanti che decidono le sorti di molti.
Il pulsante che mi ha colpito però, non si trova assolutamente in un luogo di potere elitario: non è più “nella stanza”, ma è a casa mia, a casa tua, in milioni di stanze. Tecnicamente, non è più nemmeno un pulsante reale perché si trova sul video del computer. Ad essere precisi lo dovremmo definire “iper-testo”: una parola sottolineata che agisce come un pulsante, e cioè che quando ci passi sopra con il mouse e fai clic, fa succedere qualcosa.
E quel che succede è un giudizio: “Mi piace” o “Non mi piace più”.
Nella vetrina di Facebook, dove in moltissimi, esponiamo ciò che vogliamo condividere, per ridere, divertirci, farci ammirare, o anche (ma è meno probabile) per riflettere, quel pulsantino è la più immediata forma di giudizio su di noi, sulla nostra immagine, sulle nostre parole, su quel che abbiamo messo in piazza.
Ma Facebook, come ogni altro fenomeno esplosivo, non è che lo specchio di quel che il mondo in cui abitiamo vive.
Allora siamo al paradosso: non c’è una mente che può premere tanti pulsanti (menomale). Non più una stanza dei bottoni governata dal ragionamento di pochi (che sia l’avvento di una vera democrazia?), ma tante stanze (le nostre) con un solo bottone, che governa il giudizio di tutti. E il bottone dice questo: che una cosa, per valere, deve semplicemente piacere. Quindi se io non piaccio, neanche valgo, e come in un circo romano, il pollice si abbassa e io sono out.
Un solo bottone, un solo criterio: quello del piacere. Questa unicità ha un solo nome e non è certo democrazia! Si chiama totalitarismo.
Un brivido mi corre su per la schiena. Nessun totalitarismo ha mai detto la verità.
E nella bugia del “mi piace” c’è spazio a molte follie.

  3 Responses to “Le stanze del bottone”

  1. Non sono certa di aver compreso fino in fondo le ultime righe del tuo post.
    Ad ogni modo, anche io penso sia riduttivo esprimere un parere semplicemente “alzando o abbassando un pollice”.
    “Happiness only shared”: occorre che io mi arricchisca dei suggerimenti altrui, delle loro domande, e non solo di una veloce approvazione o disapprovazione (certo, meglio se il pollice è in su…).
    D’altra parte, “quel” bottone potrebbe essere anche soltanto una dimostrazione di amicizia, di vicinanza.
    E poi, per concludere: ogni uomo dotato di intelligenza sa bene che la realtà non è solo bianca o nera…

    • Ciao Monica!
      Anzitutto grazie mille della lettura e del commento che apprezzo molto.
      Sono d’accordo con te a proposito dei toni di grigio che separano il bianco dal nero. La mia riflessione però non era su questo punto.
      Ciò che mi colpisce è il criterio del “mi piace” che nel nostro mondo tende a diventare l’unico metro di misura per valutare se qualcosa vale e quanto qualcosa vale! Ricordi i trascendentali: “il bello”, “il vero”, “il buono”? Che se li sia mangiati il “mi piace”?
      Senza troppe nostalgie, non mi va di censurarlo del tutto: è importante dire se una cosa piace oppure no; mi chiedo solo se questo primato assoluto non metta in ombra altri criteri, che sono ugualmente importanti per guardare, sentire, giudicare la realtà che ci sta di fronte.
      Ad esempio: un’opinione io la condivido? Un’affermazione per me “è vera”? O perché questa foto “è bella”? E’ ovvio che “mi piace” è un modo semplice per dire tutto questo, ma è anche un fatto che il voto sul registro oggi sia “mi piace” / “non mi piace”! Dunque cosa c’è dietro?
      Tutto il nostro mondo mia cara Monica!
      Per non parlare dell’incubo in cui tanti di noi possono cadere quando hanno la sensazione di “non piacere più”: allora ecco insinuarsi la bugia del “mi piace” per cui uno, nel momento in cui non piace, crede davvero di non valere più niente, di non essere magari nemmeno un po’ bello, a nulla “buono”, e soprattutto, per niente vero! No please! No! Non ci voglio cascare!

  2. anch’io non avevo ben capito i tuoi pensieri…. un po’ cerebrali!, mi ha colpito invece “mi piace” – “non mi piace più”. in particolare il PIU’…. (prima mi piaceva) perchè ho cambiato idea? un capriccio….. maturità……….moda??? e se il cambio di opinione è da “inserire” nella crescita ben venga la possibilità di schiacciare il pulsante: “non mi piace più “, a questo punto avrò valutato il bello, il buono, il vero………..
    ………..ma il primo pensiero sul “pulsante” – forse perchè non avevo fatto attenzione all’articolo indeterminativo UN, era al cuore!!!! e Qualcuno ci ha insegnato che è con quell’organo pulsante lì che si fanno le scelte ……………….. Proviamoci!
    franca

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