Ott 262015
 

DMB

 

Sabato sera al Forum ad Assago, a sentire per l’ennesima volta la Dave Matthews Band, con quattro amici.

Quello che mi porto a casa è quel “veramente bello” detto da uno di noi alla fine. Tre ore di musica bella, con sonorità non sempre facili o immediate. Infatti, ascoltandoli pensavo che se con Springsteen o gli U2 mi succede di essere preso da dentro e trasportato in un mondo sicuro, conosciuto e selvaggio, con la DMB tutto l’ascolto è supportato da una costante attenzione, striata dalla meraviglia di ascoltare qualcosa di irripetibile. Chitarra, basso, batteria, violino elettrico, sax, tromba. Essendo una band che dà il meglio nei live, lo stupore è per un lavoro così ben fatto e così unico.

Vederli ha suscitato in me quella meraviglia che mi prende di fronte a chi è capace di padroneggiare con scioltezza e piacere il proprio talento. Sul palco sorridono, s’intendono fra loro e con il pubblico senza intoppi. Musica fantastica suonata da gente semplice.

In alcuni punti la musica raggiunge un accumulo tale che sembra quasi si siano persi, e poi tutto viene risolto con una singola battuta. Quello che sembrava essere sul punto di precipitare nel caos, si scioglie sulla voce sporca di Dave Matthew e sui suoni potenti e sorprendenti di Carter alla batteria. Esco e per una settimana la polvere di questa bellezza mi accompagnerà, dato che oltre ad avermi riempito la testa e stordito le orecchie, mi ha intriso l’anima.

Il Maco

 

 

Giu 292015
 

gemma

I got dust on my shoes, nothing but teardrops
 You’re missing

I passi del mio vagare tu li hai contati, le mie lacrime nell’otre tuo raccogli
Sal 56

 

Come posso parlare, di fronte alla morte?
Come vivere passo dopo passo, normalmente, sapendo che altri sono nel lutto?
Come mitigare il loro cordoglio?

Ho un pudore verso il dolore che mi blocca, anche nei pensieri. L’ho sempre vissuto da solo, anche se negli amici ho trovato un porto sicuro. Ma non sono capace di consolare, di varcare la soglia dell’intimità altrui, per farmi carico di un po’ del loro dolore.

Fino a quanto posso spingermi? Anzi: posso farlo? Io non ho questa capacità. La morte ci è connaturata, ci permea ogni istante, basta solo prestarle attenzione.

So che la morte di un famigliare e di un amico lascia un vuoto eterno, che segnerà la vita dei presenti fino alla loro morte. Niente riporterà il tempo indietro. Nessuno potrà colmare il vuoto. Un’assenza che come migliaia di ami strappa la carne della memoria e lascia un dolore costante, che diventa una discordante nota di sottofondo nella nostra vita quotidiana.

Tornerò alla mia tavola, a mangiare, mentre altri piangono. Tornerò a leggere, a giocare, a lavorare. Per altri, nulla è più lo stesso di prima.

Tante domande, che ruotano soprattutto attorno a quel che avrebbe potuto essere nel tempo futuro e che da oggi non sarà più. Quanto il nostro legame si sarebbe rafforzato, sarebbe diventato condivisione e infine amicizia?

È uno sforzo terribile, guardare oltre questo buio per raccogliere semi di speranza per un tempo futuro, non certo per adesso. C’è nel mio libro questa voce forte che dichiara “tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate”.

Basta morte, basta lutto, ti prego. Vorrei solo una piccolissima visione, percepire un frammento di quell’ ecco, io faccio nuove tutte le cose, e tenermelo vicino al cuore.

Maco

Mar 312015
 

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In una notte d’estate in una stanza buia
Entrò un frammento della luce eterna del Signore
Urlando come se avesse inghiottito la luna ardente
Nelle braccia di sua madre c’era tutta la bellezza possibile
Come le parole mancanti di una preghiera che non sarei mai riuscito a fare
In un mondo così duro e sporco così disonesto e confuso
In cerca di un po’ della misericordia di Dio
Ho trovato la prova vivente
(…)
Stanotte restiamo sdraiati sotto la grondaia
Proprio una banda compatta di ladri felici
E quando quel treno arriverà, saliremo a bordo
E ruberemo ciò che potremo
dai tesori, dai tesori del Signore

Bruce Springsteen,  Living proof

Il nuovo che irrompe come una splendente bomba di luce, fragile ma capace di ridefinire il mondo che ci circonda.

Ci sono canzoni che uno canta, pur non avendone mai ascoltato attentamente il testo (Whiskey in the Jar, cantata dai Metallica).  Altre di cui  rimangono impresse le immagini del video (Man on fires, dei Magnetic Zeros). Altre che richiamano il film a cui sono legate (Society, di Eddie Vedder). Altre ancora si legano al suono della loro chitarra (Immigrant song, dei … non c’è bisogno di scriverlo). In altre è la voce a costituirne l’anima (Hurt, cantata da Cash), mentre in altre è la freschezza (Drive, dei Gaslight Anthem).  E così via.

Ce n’è una che ho ascoltato solo una volta. Non ne ricordo la musica, non una singola nota. Non l’ho più ascoltata, perchè sono i versi che me l’hanno resa indimenticabile, nient’altro.
“Forse uno degli inni alla paternità più belli mai scritti”, secondo p. Antonio Spadaro.

Lo splendore di una luce esplosiva.

C’è qualcosa di divino nelle urla di un bimbo appena nato. Un grido che non può essere messo a tacere, un esplosione di vita che non può essere intrappolata. C’è l’affermazione della propria esistenza, della insopprimibile presenza del nuovo che è arrivato, a rimanere per sempre. La stessa strabordante energia che forse ha avvolto il sepolcro in quel lontano “primo giorno dopo il sabato”, primo giorno di una nuova creazione.

E chissà che profumo in quella primavera. Forse lo stesso profumo di libertà che circonda la testa di un bambino appena nato. In questo fragile frammento di divinità è davvero contenuta una promessa.
Come diceva Chesterton “è il bimbo colui che è pronto per il nuovo mondo”.

Maco

Giu 202011
 

Bruce Springsteen – Tunnel of love (1987)

“L’uomo grasso seduto su un piccolo sgabello

prende i soldi dalla mia mano

mentre i suoi occhi ti squadrano da capo a piedi

mi porge due biglietti sorride e sussurra “buona fortuna”

tieniti forte angelo mio stringiti a me passerotto

ci faremo un giro in questo tunnel dell’amore piccola
Posso sentire la soffice seta della tua camicetta

e i dolci brividi nella nostra piccola casa stregata

poi le luci si spengono e restiamo solamente in tre

tu, io e tutte le cose di cui abbiamo paura

dobbiamo farci un giro piccola in questo tunnel dell’amore
C’è uno specchio magico che ci riflette entrambi in cinque dimensioni

io rido di te e tu di me

c’è una stanza degli spiriti che si fa così scura, ragazzi

è facile per due persone perdersi a vicenda in questo tunnel dell’amore
Dovrebbe essere naturale dovrebbe essere abbastanza semplice

un uomo incontra una donna e si innamorano

ma la casa è infestata dai fantasmi e il percorso diventa difficile

e tu devi imparare a convivere con quello

che non puoi sollevare sopra di te

se vuoi percorrere la strada che attraversa questo tunnel dell’amore”.

Il “tunnel dell’amore” prima di essere una metafora è un’attrazione da parco dei divertimenti che consiste in una corsa al buio su un trenino che attraversa scenari di paura! E allora perché chiamarlo tunnel dell’amore? Beh, forse perché se ci vai con una ragazza il buio e i fantasmi saranno un ottimo pretesto per stare un po’ più vicini! Insomma: per baciarsi è il massimo!

“And when I could, I gave that girl a hug, in the tunnel of love…”

(Beach Boys, Palisades Park)

Come sempre, ci pensano i poeti a scavare più a fondo.
E infatti Springsteen cammina anche qui ed entra nel tunnel dell’amore danzando sulle pennate di chitarra che svelano una metafora più pregnante: “dovrebbe essere abbastanza semplice: un uomo incontra una donna e i due si innamorano. Ma la casa è infestata di fantasmi”.
Stavolta i pretesti non c’entrano, perché quando le luci si spengono “restiamo solamente in tre tu, io e tutte le cose di cui abbiamo paura”.
Sono cose che non puoi semplicemente “sollevare sopra di te” e dunque devi farci i conti se vuoi attraversare il tunnel dell’amore. Ma di contro è anche vero l’opposto: è solo l’amore ciò di cui hai bisogno se vuoi attraversare il tunnel della paura, e cioè l’habitat originario dell’avventura di vivere, la sfida più importante che un uomo e una donna debbano mai affrontare.
La buona notizia le parole non la dicono; la raccontano invece le immagini: alla fine un cartello recita “non è un viaggio al buio” (this is not a dark ride). Il Boss va avanti; come sempre ancora cammina, e la canzone finisce così, con gli accordi sospesi sulle giostre, mentre le porte si aprono sulla quinta giusta di un’alba di speranza. Sogno americano, ma non per questo miraggio: Si può fare, “Yes, we can!”.