Feb 282015
 

Nelson Mandela ha vissuto in prigione, nello spazio pochi metri quadrati, per 26 anni. E’ in quegli anni di detenzione e di sofferenze che si consolida giorno dopo giorno il suo desiderio di sconfiggere l’apartheid, al di là delle angustie della sua condizione:

“Non importa quanto stretto sia il passaggio,
io sono il capitano della mia anima”.

da “Invictus”, di Henley 

La canzone che gli U2 hanno composto poco prima della sua morte mi girava in testa da molto tempo, ma ho finalmente trovato una chiave di lettura con cui approfondirne il testo:

Non coerceri a maximo, contineri tamen a minimo divinum est.

Ovvero: “Non esser costretto da ciò che è più grande, essere contenuto in ciò che è più piccolo, questo è divino”.

E’ un aforisma scritto sulla tomba di Sant’Ignazio che ho ascoltato dal papa, giusto pochi giorni fa: una frase che mi ha fatto pensare alla diffusa sensazione che gli spazi come le cose piccole, siano troppo angusti per contenere i nostri slanci e i nostri desideri. Invece spesso la coercizione arriva proprio dalla grandeur che vaneggiamo come spiriti inquieti, che ci costringe ad apprezzare solo le cose più eclatanti trascurando quelle ordinarie. Ma è proprio nel particolare e nel dettaglio che si libera l’energia più quotidiana dell’amore.

“You cannot reach any higher if you can’t deal with ordinary love. Are you tough enough for ordinary love?”

Ovvero: non puoi andare più in alto se non impari ad avere a che fare con l’amore ordinario. Sei forte abbastanza per l’amore ordinario?
Non passare per il particolare, per il piccolo e l’umile ed essere invece imbrigliati dalla tensione a ciò che è eclatante, è certo umano, ma non ancora divino.

dAle