Feb 032016
 

bambino pistola

 

Ci scambiavamo innocenza con innocenza:
ignoravamo la dottrina del male, senza nemmeno
sognare che qualcuno lo facesse.

Shakespeare  – Il racconto d’inverno

 

Due film che mi sono piaciuti, ma che mi hanno fatto anche riflettere.  Sono due film violenti, non certo per un pubblico troppo giovane. Il regista di entrambi è Denis Villeneuve, canadese trapiantato nel linguaggio filmico americano. Tralascio ogni commento o recensione cinematografica e cerco invece di spiegare perché mi hanno colpito.

In Prisoners mette in scena il terrore più grande di ogni padre e fotogramma dopo fotogramma mi sono trovato a chiedermi  “ e io, arriverei a tanto per le mie figlie?”. C’è qualcosa di disturbante nel film, per un padre molto più credo che per altri. Per quanto uno si prepari e stia attento, l’imponderabile può accadere: e allora fino a dove sono disposto a sporcare il mio cuore?

Nell’altro film, Sicario, è ancora la percezione di uno mondo terribile e così impregnato di violenza ma al contempo vicino e mescolato a quello che noi consideriamo normalità, a lasciarmi disturbato. E anche qui la domanda é simile: quali sono i limiti per la forza nell’arginare la violenza?  “ Trasferisciti in una città piccola, dove le leggi hanno ancora un senso. Qui non sopravvivrai. Non sei un lupo. E questa ormai è terra di lupi ” dice Alejandro a Kate.

Sono due film belli, aldilà della loro crudezza, o forse proprio per questo loro carattere inquietante. La violenza ci pervade e basta guardare un telegiornale ogni tanto per accorgercene. Ma come al solito, se le notizie ormai non mi colpiscono più, di sicuro una storia ben raccontata è capace di tenermi sveglio, anche se è tarda sera.

Maco

Gen 312012
 

Ieri sono stato al Binario 21, stazione Centrale di Milano.
Ancora una volta, è stata commemorata la data del 30 Gennaio 1944, giorno a partire dal quale, a Milano, cominciarono i trasporti degli Ebrei verso i campi di sterminio nazisti, nella seconda guerra mondiale.
Era la prima volta che ci andavo e comunque è il primo anno che abito qui, a un chilometro esatto di distanza da quel luogo.
Così vicino… così dannatamente vicino.
Impensabile non andarci.
Insieme alla splendida consueta testimonianza di Liliana Segre e l’appello fortissimo di don Barbareschi, mi hanno impressionato le parole del rabbino emerito di Milano Giuseppe Laras. Citava un Midrash su Esodo 14: (il Midrash è il commento ebraico alla Torah).
Si dice che il faraone prepara il suo carro per inseguire gli Israeliti che stanno fuggendo dall’Egitto. Nel commento, ci si chiede come sia possibile che proprio il faraone debba preoccuparsi di preparare il suo carro! Ma come? Non può il faraone, con tutta la sua grandezza, farsi preparare il carro dagli innumerevoli sudditi che ha?
Perchè lo prepara lui stesso? Tocca a lui attaccare i cavalli? Non ha – che so – uno stalliere? Non uno schiavo? Il Midrash risponde così: tocca a lui, perché l’odio sovverte l’ordine naturale delle cose.

Sono rimasto su queste parole. Le ho fatte rieccheggiare dentro di me nel minuto di silenzio a cui hanno partecipato perfettamente centinaia di presenti per lo più giovani.
Di fianco a me i carri del faraone, immobili finalmente, inchiodati a quelle rotaie che non portano più da nessuna parte.
Ma è cosa semplice prepararne di nuovi, altrove, altrimenti, ma pur sempre carri del faraone, pronti a scagliarsi ovunque li porti l’odio… senza un perché, senza una ragione.
Dobbiamo sapere che cosa succede alla realtà quando si odia. Dobbiamo renderci conto che quel che l’odio ci fa vedere non esiste, che sono castelli. Castelli disordinati di menzogne.
Abbiamo messo un fiore vicino a quei vagoni ed è bello che tanti giovani decidano di voler vivere l’ordine naturale delle cose. E’ bello! E’ cosmico direi!