Giu 012012
 

Gioele 3,1

Dopo questo,
io effonderò il mio spirito
sopra ogni uomo
e diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie;
i vostri anziani faranno sogni,
i vostri giovani avranno visioni.

Prima l’ho sentito. Il terremoto.
Al secondo piano di una palazzina milanese. La mente cerca di rassicurarsi: “Non è qui vicino. Niente panico”. Ma subito il pensiero corre lontano: dove allora? E forte quanto? Chi si è fatto male?
Corro a casa, in cerca di informazioni: ho bisogno di vedere, sono preoccupato.
E quindi due giorni di Tg, letture, pensieri. Anche preghiere.
Ieri sera infine mi sono messo a cercare non-so-cosa curiosando nei siti di Vasco e del Liga: loro sono nati lì. E poi, quando sono finite le parole si comincia a cantare. Lo abbiamo fatto per l’Abruzzo, adesso viene automatico.
Non credevo certo di trovare canzoni ma ero sicuro che almeno un post l’avrei trovato. E così è stato.
Sul Facebook di Ligabue un pezzo tutto nel suo stile: immediato, efficace. Mi ha colpito un’espressione folgorante: “la paura ti si piazza dentro”. Da brivido. Viene in mente la forza che apre la strada a una crepa.
Sul sito di Vasco invece ho letto un articolo di Roberto Roversi pubblicato su un quotidiano di ieri. La mia riflessione comincia da lì:

Nelle disgrazie ritroviamo la reciproca pietà: vengono fuori sentimenti austeri, di collaborazione. Ma sono sentimenti. Quello che serve è una visione, larga, del futuro. Che riconosca il passato e quel che è successo. Che ce lo faccia leggere, finalmente, e che lo voglia cambiare. Come fecero gli illuministi dopo il terremoto di Lisbona: lo racconta Kant, lo spiega Voltaire. Un progetto per una città nuova. E – senza più bisogno di citare i grandi filosofi – come successe in Friuli. Quella ricostruzione è stata una vera ricostruzione: non c´è esempio uguale.

Roberto Roversi: “La mia terra ferita” (La Repubblica 31.05.12 – testo raccolto).

Ricostruire.
In questi giorni più che mai, mi sembra un verbo buono per esprimere il segno della nostra vita umana.
Perché dopo un terremoto è ancora più evidente che “costruire” è prerogativa dell’eternità. A noi mortali è dato invece di ricostruire, facendo i conti con il limite che contraddistingue noi e le nostre cose, il nostro spirito e la produzione di senso che continuamente accompagna ciò che creiamo.
Però quanto è difficile accettare la logica di una continua ri-partenza! E’ così forte l’illusione di onnipotenza che le macerie fanno davvero male e lasciano dentro una paura dannata.
Si comincia a spostarle, quasi si fosse vittime di una coercizione a ricreare l’ordine, il cosmo. Ma poi, – ammesso che ci si riesca – sarà così semplice cominciare daccapo? E ricominciare bene per giunta?

Ha ragione Roversi: serve una visione.
Una visione larga, del futuro.
Però non come quelle dei visionari…
Serve la visione dei profeti: scomoda, tagliente, coraggiosa.
Una visione che fa i conti con la realtà, ma non si affida semplicemente a quelli, perché sa che tanto non tornano.
Servono dei profeti: gli unici che sanno difendersi dal vortice della mortificazione del presente, “alzando da terra il sole”.

  3 Responses to “Serve una visione”

  1. La visione larga del futuro credo sia proprio quella che ha radici più antiche: dopo “quel momento lì”, quello che un tempo era chiamato il “peccato originale” (e che ora fa tanto scandalo anche solo nominare), dopo quel paradiso perduto, si può solo redimere. E anche questa possibilità, comunque, non è poco…
    Coi miei alunni comunque abbiamo organizzato una vendita torte per l’Emilia. Sono orgogliosa di avere ragazzi così: mi hanno chiesto subito, martedì pomeriggio, di poter fare qualcosa. Anche questo è partecipare alla redenzione…

  2. Il sisma è qualcosa che non possiamo controllare, non possiamo prevedere; possiamo solo aspettarlo e limitare i danni che può fare.
    Affascina e impaurisce, attira e allontana nello stesso tempo.
    Non ti dà appuntamento.
    Viene, ti scuote, e se ti scoppia molto vicino ti può portare via la casa, gli affetti, le cose a cui sei attaccato e che ti legano a quella stessa terra che ti fa tremare.
    Nella sofferenza di questi giorni, almeno la solidarietà sembra avere il sopravvento.
    Che sia questo un messaggio di speranza per tornare presto alla normalità.

  3. Anch’io l’ho sentito dall’alto dell’ 11° piano…..in un primo momento pensavo di non sentirmi bene, poi vedendo oscillare il lampadario ho realizzato che era il terremoto e il pensiero che mi ha attraversato è stato quello di poter perdere tutti….. in pochi secondi la vita può sconvolgersi e sconvolgerti (e capita anche senza bisogno del terremoto!) e ho sentito forte il bisogno di dire (perchè di solito non lo faccio mai) ai miei figli e a qualche amico caro “ti voglio bene”
    Perdere la casa e le cose e contemporaneamente perdere gli affetti e le relazioni ……se non hai la visione del Futuro quello nel quale Qualcuno è andato a prepararci un posto……..è rischio di perdere anche te stesso.
    E sul ri-costruire e sul “sarà così semplice cominciare daccapo? E ricominciare bene per giunta?” consiglio di leggere l’articolo di Barbara Spinelli:http://www.repubblica.it/cronaca/2012/06/06/news/l_aquila_macerie-36626978/?ref=HRER3-1

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