Mar 062011
 


Me lo ricordo bene il momento in cui per la prima volta ho provato una pura, totale felicità. Avevo 13 anni.
Concentratissimo, mi aggrappavo con tutte le mie forze allo skilift che mi trascinava su per la pista. Prima di allora non avevo mai messo gli sci. Dopo un po’ che cerco di prendere un impianto continuando a volare per terra, finalmente riesco a lasciarmi tirare su senza cadere. E alzo gli occhi.
Il cielo è azzurro intenso e ho in faccia un sole splendente.
E comincio a pregare, come in un’esplosione di gioia. E mi sento accordato con Dio, in tutto me stesso. Mai prima di allora e mai in seguito, ho gridato dentro di me: “grazie Signore!” con una spontaneità e una forza così grandi. E’ durato dieci secondi. ma, se dovessi pensare alla scena su cui ripetere le parole di Faust: “Fermati, istante, quanto sei bello!” sceglierei quella.
Ma non perché poi io sia stato meno felice di così. Semplicemente perché il cuore di un ragazzo è lo specchio di un lago: anche un sassolino lo fa vibrare, e ci puoi immergere di tutto. Il bene e il male.
E mai più nella sua vita, un uomo e una donna saranno così sensibili a ciò che li attraversa. Senza difese, senza nemmeno avere gli strumenti intellettuali o le risorse fisiologiche per decidere da cosa lasciarsi colpire e da cosa no.
Dobbiamo mettere cose buone nel cuore di questi ragazzi. Lievito buono. Sempre, e con tutte le nostre forze.
Avevo 13 anni quando per la prima volta ho provato una pura, totale felicità. Avevo l’età di Yara.

  2 Responses to “Il cuore di un ragazzo”

  1. Che bella cosa un adulto che sa penetrare in modo così profondo e intenso nel cuore dei ragazzi. Complimenti, de Saint Exupery della Brianza!

  2. La tua affermazione più bella per me è proprio questa: “Senza difese, senza nemmeno avere gli strumenti intellettuali o le risorse fisiologiche per decidere da cosa lasciarsi colpire e da cosa no”. E’ vero che i ragazzi sono così disarmati e impressionabili, nel bene e nel male. In questa seconda metà dell’anno, per me che lavoro a scuola, la sfida è proprio non correre soltanto per “tirar le fila” del lavoro fatto in classe, ma scommettere ancora sul fatto che io i miei ragazzi siano in attesa di un bene più grande.
    E chissà cosa deve star provando ora chi si è avvicinato a Yara quel giorno…

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